Art Basel 2025, vista con occhi diversi
Non c’era bisogno di cercare l’arte quest’anno a Basilea. Era lei che ci travolgeva, appena scesi dal tram, sotto quel cielo che sembrava dipinto. Ci siamo ritrovati immersi in un fiume visivo che ci trascinava dentro – con la forza di una marea rosso cremisi firmata Katharina Grosse che invadeva Messeplatz, pareti, asfalto.
È lì che abbiamo capito: Art Basel 2025 non era solo una fiera, ma un’esperienza di realtà aumentata. Ma invece degli occhiali, bastavano gli occhi. E il cuore.
Le nostre tappe: tra stand, scoperta e rivelazione
Abbiamo camminato molto. Tra gallerie iconiche e sorprese sotterranee.
Magazzino ha presentato una selezione impeccabile, con un allestimento firmato Graziano Menolascina che dava ritmo allo sguardo.
Cardi Gallery, nella sezione Unlimited, ha messo la monumentalità al servizio dell’introspezione, grazie alla forza arcaica di Paladino.
Arcangelo Sassolino, brought by galleries Repetto, Lo Scudo and Continua, presented a piece—glass fragile, stone hard, but still as moving as a delicate butterfly.
Ciò che ci riguardava
Abbiamo ritrovato la forza arcaica e simbolica di Mimmo Paladino, le geometrie liriche e visionarie di Piero Dorazio, la materia vibrante e poetica di Giulio Turcato. Ci ha colpito anche lo stand di Galeria Plan B, che seguivamo con interesse già da tempo, con opere di Adrian Ghenie di grande forza pittorica e narrativa. E non è mancata Flora Yukhnovich, artista che seguiamo da vicino e che si conferma capace di fondere il gesto barocco con una sensibilità tutta contemporanea. Insieme a lei, abbiamo ritrovato anche Evelyn Taocheng Wang, che ci aveva già colpiti alla Biennale di Venezia e che a Basilea ha riaffermato il suo linguaggio ibrido e stratificato, capace di unire calligrafia, corpo e narrazione identitaria con grazia e intelligenza.
Le opere di Carla Accardi, con i loro segni grafici e i vinilici trasparenti, dialogavano perfettamente con lo spirito più autentico della pittura italiana del secondo Novecento. Non meno potenti sono state le presenze di Yoko Ono, con una poetica dell’invisibile che ha attraversato spazi e silenzi, lasciando il pubblico in sospensione tra concettuale e personale, e di Shirin Neshat, che ha colpito per l’intensità visiva e la profondità politica del suo linguaggio fotografico e filmico, in grado di raccontare identità, esilio e resistenza con uno sguardo intimo e universale.
E poi Pino Pascali, con un’intensa rilettura del suo iconico Baco da setola, che sembrava respirare ancora, come materia viva. E un’opera di Mario Schifano dal pigmento spesso, quasi murale, che ci ha fatto riscoprire la sua attualità visiva.
Accanto a loro, abbiamo ritrovato la presenza significativa di Francesco Clemente, con opere intrise di simbolismo e spiritualità, e di Paolo Canevari, la cui riflessione sul potere, la materia e la memoria continua a esercitare un impatto profondo sulla scena contemporanea.
E poi Robert Longo, con il suo disegno scultoreo di grande intensità, e Maurizio Cattelan, con quella sua ironia feroce che riesce sempre a scuotere anche i visitatori più esperti. Due voci che, seppur diverse, rappresentano con forza la tensione tra immagine, storia e provocazione che continua a segnare il panorama contemporaneo.
Un mercato umano
Abbiamo incontrato dealer sorridenti, pronti a parlare, spiegare, trattare. Il mercato sembrava aver scelto la via della relazione: meno show-off, più cura.
Sconti? Sì.
Nuovi collezionisti? Tantissimi.
Prezzi? Più vicini alla realtà.
Secondo i dati UBS, il 44% degli acquirenti era alla prima esperienza. E questo non ha fatto che confermare ciò che avevamo percepito: il collezionismo sta cambiando pelle.
In sintesi
Non sappiamo dire se sia stata la migliore Art Basel di sempre. Ma sicuramente è stata quella che ha parlato più chiaramente al presente.
A un presente complesso, che chiedeva visione e verità. E l’arte, se ben scelta, sapeva offrirle entrambe.
Siamo tornati a casa con idee nuove, contatti preziosi, e il desiderio di continuare.
Di portare con noi quella stessa energia – quella che trasforma l’arte in esperienza, e l’esperienza in collezione.


















































































































Art Basel 2025, seen with different eyes
This year in Basel, there was no need to search for art. It overwhelmed us the moment we stepped off the tram, under a sky that seemed painted. We found ourselves immersed in a visual current that swept us in—with the force of a crimson tide signed Katharina Grosse flooding Messeplatz, wall, asphalt.
That’s when we realized: Art Basel 2025 wasn’t just a fair, it was augmented reality. But instead of glasses, all we needed were eyes. And heart.
Our path: between booths, discovery and revelation
We walked a lot. Between iconic galleries and subterranean surprises.
Magazzino delivered an impeccable selection, with a setup by Graziano Menolascina that gave rhythm to the gaze.
Cardi Gallery in the Unlimited section brought monumentality into the service of introspection with Paladino’s archaic force.
Sassolino, brought by galleries Repetto, Lo scudo and Continua presented a piece glass fragile, stone hard but still as moving as a delicate butterfly.
What resonated with us
We encountered the archaic and symbolic strength of Mimmo Paladino, the lyrical and visionary geometries of Piero Dorazio, and the vibrant poetic materiality of Giulio Turcato. We were particularly struck by the booth of Galeria Plan B, which we’ve been following with interest for some time, featuring powerful and narrative-rich works by Adrian Ghenie. Also present was Flora Yukhnovich, an artist we continue to follow closely for her ability to blend baroque gesture with a distinctly contemporary sensibility. Alongside her, we saw again Evelyn Taocheng Wang, who had already impressed us at the Venice Biennale and reconfirmed in Basel her hybrid, multilayered language—gracefully and intelligently merging calligraphy, the body, and identity-based storytelling.
The works of Carla Accardi, with their graphic signs and transparent vinyls, perfectly echoed the most authentic spirit of postwar Italian painting. Equally powerful were the presences of Yoko Ono, whose poetics of the invisible cut through space and silence, suspending the audience between conceptual and personal dimensions, and Shirin Neshat, who captivated with the visual intensity and political depth of her photographic and cinematic language—telling stories of identity, exile, and resistance through a gaze both intimate and universal.
Then came Pino Pascali, with a striking reinterpretation of his iconic Baco da setola, which seemed to breathe again like living matter. And a piece by Mario Schifano, thick with pigment and almost mural-like, that made us rediscover the sharp visual relevance of his vision.
Alongside them, we found the significant presence of Francesco Clemente, with works steeped in symbolism and spirituality, and Paolo Canevari, whose reflections on power, matter, and memory continue to leave a profound impact on the contemporary scene.
And finally, Robert Longo, with his intensely sculptural drawing, and Maurizio Cattelan, with his biting irony that still manages to unsettle even the most seasoned viewers. Two very different voices that compellingly embody the tension between image, history, and provocation that defines today’s artistic landscape.
A human market
We met smiling dealers, eager to talk, explain, negotiate. The market seemed to have chosen the path of relationship: less show-off, more care.
Discounts? Yes.
New collectors? Many.
Prices? More grounded.
According to UBS, 44% of buyers were first-time collectors. Which only confirmed what we had felt: collecting is changing its skin.
In summary
We can’t say if it was the best Art Basel ever. But surely, it was the one that spoke most clearly to the present.
To a complex present, calling for vision and truth. And art, if wisely chosen, offers both.
We returned home with new ideas, valuable contacts, and the desire to keep going.
To carry with us that same energy—the one that transforms art into experience, and experience into collection.
